Critica

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Conditio sine qua non
La pittura, a volte, può essere un momento di profonda riflessione per sé e per gli altri, una sorta di auto-indagine, in cui l’artista schiude le porte della propria coscienza, e fa uscire ciò che merita di essere portato in superficie, senza filtri, in maniera del tutto automatica. E’ il caso di Silvia Rinaldi che, con la sua arte, vive e respira il quotidiano, non limitandosi semplicemente a raccontarlo o descriverlo, ma riproponendolo secondo recondite sensazioni ed espressioni. Le lunghe stesure di colore nascono proprio dal sentire interiore, tracciando quelle fragilità che caratterizzano il Sé in rapporto col presente. Riconoscersi nella fragilità dei propri affetti, dei propri difetti, delle proprie miserie, suggerisce un percorso conoscitivo del Sé e di ciò che condiziona l’esistenza umana: “Le fragilità rifanno l’uomo”, quasi fossero i perché della vita, “CONDITIONES SINE QUIBUS NON” nelle nostre indagini sulle forze misteriose ed irrefrenabili dei sentimenti e delle emozioni, spesso confuse da tanti legami e moderne convenzioni. La mostra personale di Silvia Rinaldi, strutturata in quattro sezioni, propone temi d’indagine sociale ed antropologica, ripercorrendo diverse età della vita e varie esperienze umane: dall’infanzia all’incertezza adolescenziale, dal rapporto tra uomo e donna alle problematiche familiari, dalla malinconia della solitudine al dolore dell’abbandono o la drammaticità dell’emigrazione, fino al desiderio di incontrarsi e ricostruirsi…. Giorgio Vulcano, 2017

Soliloquio
Il titolo della mostra è già emblematico: “Soliloquio”. Un’esposizione dedicata all’ultimo ciclo di opere di Silvia Rinaldi; lavoro intenso, intimo e introspettivo, animato da figure “solitarie” che raccontano i disagi esistenziali della nostra epoca, l’incomunicabilità, l’isolamento, l’alienazione del vivere individuale.Oggetto di questa indagine è il corpo umano – in particolare quello femminile – accennato e spesso volutamente incompiuto da filamentose colature di colore, che lasciano liquefatti i gesti umani in un senso di disfacimento, quale metafora della vita stessa.Osservando la raccolta di opere, la prima impressione che si riceve è la volontà di esprimersi attraverso un “segno-gesto” immediato, dove le figure non posano ma vivono al di fuori dei rigidi schemi accademici, con pennellate spaziose e non curanti del particolare. C’è il desiderio nell’artista di andare oltre e di non fermarsi al semplice gesto pittorico.Questi corpi stanchi con la schiena piegata, e svuotati come manichini, diventano lo strumento per raccontare la “fatica di vivere” e l’incapacità di comunicare.Le figure immobili, spogliate e sedute in luoghi imprecisati, custodiscono storie di fragili soliloqui interiori, raccontati con grande sensibilità dall’uso del colore e della luce.Una mostra avvolta da una impalpabile malinconia, in un silenzio che invita ad ascoltare. Paola Valori, 2015

Congruenze dissonanti
La pittura di Silvia Rinaldi si fa portavoce delle necessità spirituali che il materialismo soffoca di giorno in giorno. I temi da lei trattati portano il carattere dell’urgenza sociale. Nelle sue opere si “respira” un lamento silenzioso ed intimo, quasi soffocato dal pudore, che non riguarda solo la polarità femminile, ma si estende all’intera umanità, quella stessa che ogni volta e in qualsiasi età smarrisce la strada. La sua pittura diventa dunque ricerca di superamento della solitudine e della incomunicabilità in una “società liquida” dove tutto è instabile, precario ed incerto e dove anche l’amore è provvisorio. Picasso diceva che in pittura bisogna parlare di problemi perché i quadri non sono altro che ricerca, esperimento, indagine e studio sulle problematiche umane. Silvia Rinaldi ha saputo intuire il senso profondo di queste parole ridonandocele rinvigorite dalle sue opere. Nel trittico “… maschio e femmina li creò”, Gen.,1,27, l’artista sperimenta, in un essenziale gioco cromatico, “l’effetto liquido” del colore, allungando le pennellate e caricandole d’intensità. L’osservatore viene posto come al di qua di un vetro e osserva le tre immagini separate ma unite da un filo d’oro invisibile che le rende dipendenti l’una dall’altra. L’ampio respiro che Silvia Rinaldi offre nelle sue opere fa di lei un’artista d’avanguardia, innovativa e di rottura con la tradizione figurativa romana noi contemporanea. Delia Cavallin, 2014

Dissolvenza
La “dissolvenza” è un trapasso che sottopone l’immagine al suo oscuramento. Nelle fasi mediane di questo processo alcune sembianze si offuscano, altre conservano la propria fisicità. Richiamandosi a questa sospensione temporale, gli ultimi lavori di Silvia Rinaldi operano una sorta di fermo immagine tra ciò che appare e ciò che viene meno. Elaborando un tema a lei caro, quello della donna mostrata nella sua silenziosa intimità, emerge non tanto la potenza evocativa del soggetto, quanto la tendenza al suo nascondimento. Sono corpi sottratti al reale e collocati nel non-luogo, nel ni-ente di uno spazio. Un vuoto che attornia l’immagine senza però mai cederla al nulla … Mino Freda, 2012

Evanescenze
… Le pennellate morbide, sensuali, costruite con cromie armoniose tipicamente espressionistiche, attinte da esperienze storiche ben note, attenuano quel grido esistenziale e tragico per donare invece vigore, vibrazioni e intensa energia vitale a una donna che merita e pretende ancora una volta piena dignità e rigorosa coerenza in questo mondo. Silenziose, pensose, “evanescenti”, raccolte nella loro presenza corporea e mentale, le donne di Silvia Rinaldi non possono che ridestare pensieri nobili, gesti preziosi, sentimenti veri, se non addirittura quel respiro primordiale che solo l’essere femminile può attingere dal mondo per ridonarlo ad esso in quanto fecondità e fertilità di vita. Mino Freda, 2010

Notturno lunare
… In un contesto fortemente simbolico e in un racconto minimale scevro da ogni retorica e da orpelli decorativi, due elementi naturali ne accolgono un terzo, quello umano della donna nell’atto di indagare il mistero della sua presenza. La luna, indiscutibile simbolo femmineo, è qui assunta nella sua pienezza luminosa come significato di fertilità e di fecondità e che si accorda pienamente nell’altro simbolo, l’albero, archetipo per eccellenza di forme generatrici nel tempo e nello spazio. In questo rimando continuo tra celeste/terrestre, immateriale/materiale, irrazionale/razionale la donna, posta sempre al centro del quadro, diventa epicentro universale di questa energia verticale e ne è anche custode come un’amadriade, ninfa del mito greco che viveva sotto sembianze arboree… Mino Freda, 2009

La pittura come senso della verità
… Nella continua ricerca di un linguaggio che sia nel contempo espressione delle esperienze avute nel passato e successivamente macerate in una catarsi interiore, la pittrice Silvia Rinaldi si è andata orientando verso una figurazione tendente a realizzarsi in un contesto figurativo, che traduce, con intensa forza comunicativa, il soggetto in fatto pittorico, in una realtà poetica costituita da forma e colore… … Le perfette inquadrature, la giustezza dei volumi e l’accorta sensibilità nell’accostamento degli elementi compositivi, danno alle sue immagini il senso della verità, dell’evidenza utilizzata come veicolo di comunicazione grazie alla schematizzazione delle masse che definiscono gli scorci paesaggistici entro atmosfere sospese e semplificate nei ritmi coloristici al tempo stesso vivaci e composti e al recupero sostanziale della struttura disegnativa nella rappresentazione della figura Vittorio Esposito, 2008

Sincronicità
In questa personale Silvia Rinaldi rivela attraverso le opere esposte due idee fondanti del suo lavoro pittorico. La prima è il ruolo che la pittura svolge nel suo percorso di vita; la seconda, complementare ma opposta, l’incidenza della propria esperienza di vita nella pittura. L’una ha il compito di sondare il mistero; l’altra di rivelarlo. Introspettiva, la prima; fortemente comunicativa, la seconda. Si rovescia così il postulato che vuole l’opera come voce ultima e perentoria delle proprie vicissitudini, mentre qui è la forza vitale dell’artista che comunica ciò che la pittura pone solo come quesito essenziale (ed esistenziale). Per l’occasione questa duplice componente la troviamo unificata, in “sincronia”, così come suggerisce lo stesso titolo della mostra. Per la nostra artista la pittura è ricerca costante di verità. Una verità mai data che parte dal mistero, dal metafisico, da quel senso statico delle cose che pone a noi irrisolte questioni… Mino Freda, 2008